Seleziona una pagina

Cybercondria è un neologismo nato dall’unione delle parole cyber e ipocondria e fa riferimento alle preoccupazioni infondate del paziente verso sintomatologie comuni, derivate dalle ricerche su internet.
La situazione tipica vede la percezione di un sintomo da parte del soggetto che lo induce a inserirlo come parola chiave nella barra di ricerca del browser innescando un vero e proprio processo di autodiagnosi che accomuna circa il 30% della popolazione.
Se prima dell’avvento della tecnologia le principali fonti di notizie a disposizione erano libri, quotidiani e soprattutto l’incontro medico-paziente, la disponibilità e la facile fruizione di informazioni sanitarie in rete aumentano la probabilità di sviluppare sintomatologie ansiose correlate allo stato di salute. Secondo un’indagine condotta da Microsoft, gli utenti, dopo aver inserito i propri sintomi nel motore di ricerca, tendono a consultare maggiormente i risultati che li mettono in relazione a malattie gravi piuttosto che a disturbi più lievi e più probabili. Questo spinge i soggetti a effettuare ulteriori ricerche, con conseguente consultazione di pagine simili che aumentano la sensazione di ansia e paura.
I soggetti ipocondriaci, inoltre, tendono a porre scarsa attenzione circa la provenienza e l’attendibilità della fonte delle informazioni. Lo stato ansioso infatti, tipico dell’ipocondria, rende più difficoltosa la valutazione obiettiva dell’affidabilità dell’informazione e questa attitudine risulta ancora più rischiosa proprio sul web.

Sintomi ed effetti della cybercondria

I pazienti eccessivamente preoccupati di essere malati oppure timorosi di avere una malattia rara/non riconosciuta, avvertono sintomi quali dolori al torace o mal di testa che persistono nonostante la rassicurazione del proprio medico. La ricerca compulsiva di diagnosi o possibili terapie porta con sé effetti quali la delega psicologica, l’effetto conferma e 1° anno di corso.
Nel primo caso si fa riferimento alla delega all’esperto digitale, quale perdita del contatto diretto con il proprio corpo e le proprie percezioni: più deleghiamo la rassicurazione a qualcosa di esterno, più perdiamo il controllo delle nostre sensazioni.
L’effetto conferma può essere riassunto nell’espressione chi cerca trova: per natura infatti la ricerca sul web viene guidata dalle ipotesi di chi ricerca le informazioni. Il Dr. Google restituirà poi le risposte in cui troveremo al primo posto proprio il sintomo desiderato.
L’effetto 1° anno di corso riguarda l’immedesimazione con la maggior parte dei sintomi letti sui risultati di ricerca, che amplifica le percezioni e sensazioni sintomatiche.
Quando le ricerche sfociano nella consultazione di forum o gruppi social dedicati a una determinata paura o patologia, la socializzazione muta in suggestione. L’eccesso di informazioni, infine, produce il paradossale effetto di una maggiore confusione noto anche come overload informativo e complica il vero lavoro di diagnosi e anamnesi del medico.

Cybercondria in Italia

Nel Bel Paese sono circa 15 milioni le persone che cercano informazioni online su sintomi o disturbi. Il medico di base è ancora la principale fonte di informazioni (53,5%), seguito dal farmacista (32,2%) e dal web (28,4%). In questa percentuale, il 17% degli utenti consulta siti web generici inerenti alla salute, il 6% si rivolge a siti istituzionali e il 2,4% ai social network.
Ben il 36,9% dei millenial effettua ricerche su ipotetiche diagnosi o cure.

Internet assume la forma dell’utilizzo che ne facciamo: impariamo a farne un uso consapevole e ad affidarci a medici ed esperti.